21 mag 2014

LA FATTORIA DEI CLOCHARD: GIOVANE EX MANAGER CREA IN TOSCANA



DA MANAGER A CLOCHARD ...FINO ALLA 

"FATTORIA DEI CLOCHARD"

Dobbiamo comunicare, purtroppo, che quando un progetto sano, valido, di grande spessore che dimostra come l'animo e la mente umana  siano in grado di raggiungere alte vette, il "sistema" entra in azione per distruggere e affossare qualunque spinta verticale. E' ciò che è successo alla Fattoria, che è stata fatta chiudere attraverso i soliti giochi di potere. Nonostante ciò vi invitiamo a leggere il ns. articolo di seguito, primo perché il progetto proseguirà altrove e vale la pena di scoprire la grandiosità di queste persone, secondo perché nessuno deve arrendersi di fronte ai monotoni e obsoleti ostacoli del "sistema". 
DI SEGUITO IL NS. ARTICOLO
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Si chiama Walter Molteni ed è nato a Marsiglia, ma è cresciuto in Italia. Nel suo curriculum: una laurea in sociologia, un dottorato negli USA e un posto da manager in una catena di supermercati a Milano.  Nel 2004 la catena fallisce  e Wainer resta senza lavoro. Dopo un anno senza trovare un nuovo impiego, da manager di successo Wainer diventa un senzatetto.
Ma non si è mai dato per vinto e, dopo 8 anni da clochard, nel 2012 ha inaugurato a Serravalle Pistoiese (in Toscana) “La Fattoria dei Clochard”, un agriturismo e un progetto sociale volti al reinserimento dei senza fissa dimora nella società. Oggi la Fattoria si autofinanzia ed ha già reinserito ben 13 persone.
ECCO COSA RACCONTA
DOMANDA. Da manager a clochard: com'è stato possibile?
RISPOSTA. Non ho una famiglia: mia madre è morta nel 1994 e mio padre l’ha seguita un anno dopo. L'orgoglio e la volontà di farcela da solo mi hanno impedito di chiedere aiuto ad amici e conoscenti. E così sono finito per strada.



D. Davvero non è riuscito a trovare un altro lavoro?
R. Era il 2004 e le aziende cominciavano già a non assumere. Io ho cercato qualunque tipo di impiego. Nella maggior parte dei casi mi dicevano che ero troppo qualificato. Ho anche falsificato il curriculum, togliendomi competenze, presentandomi come diplomato o solo in possesso di licenza media. Ma non ho trovato nulla, nemmeno come lavapiatti.
D. Quella della strada è stata una scelta obbligata, quindi?
R. Certo. Non sono di quelli che vogliono far passare il concetto romantico di clochard. Si soffre il freddo e la fame, non ci si può lavare e si diventa un emarginato della società. Io lo sono stato per otto anni.
D. In quel periodo ha continuato a cercare lavoro?
R. No, quando sei un senza fissa dimora non puoi. È la società stessa che ti emargina. Se non hai un domicilio non puoi rinnovare i documenti e dopo un po’ che ti trovi in una città ti danno anche il foglio di via. A Milano ne ho collezionati cinque, a Genova due, diversi in altre città, anche all’estero. Sei inesistente, non hai neanche il servizio sanitario. Se ti operano ti cacciano fuori dall’ospedale con i punti freschi.



D. Quindi, come ha vissuto?
R. All’inizio passavo le notti nel dormitorio di via Maggianico, a Milano, e mangiavo nelle mense per bisognosi. Quando hanno deciso di chiuderlo, con altri senza tetto l’abbiamo occupato e abbiamo ideato il sindacato Clochard alla riscossa. In seguito, abbiamo fatto la stessa cosa con altri 26.
D. E poi che cosa è successo?
R. Ho deciso di dormire per protesta davanti alla casa dell’ex sindaco di Milano, Letizia Moratti. Precisamente, sul suo zerbino. È da quel momento che i miei compagni clochard mi hanno battezzato «il sindaco dei barboni».
D. Che cosa volevi ottenere?
R. Avrei voluto realizzare un progetto di reinserimento dei barboni nella società, quello che oggi è Serravalle Pistoiese.
D. E il sindaco l'ha aiutata?
R. All’inizio era diffidente: doveva letteralmente scavalcarmi quando rientrava in casa. non mi parlava, si spaventava. Poi sono riuscito ad avvicinarla ed è cominciato il dialogo.
D. E poi?
R. Alla fine, il sindaco ha fornito a me e al mio socio un appartamentino in comodato d’uso: abbiamo iniziato con le operazioni di primo aiuto, come la raccolta dei vestiti usati e la consegna di pacchi alimentari. Poi abbiamo collaborato ai piani antifreddo del Comune. Infine, grazie a finanziatori privati, siamo riusciti a prendere in affitto un casale a Serravalle Pistoiese, in Toscana, dove abbiamo iniziato a coltivare un uliveto e ad allevare animali. E, infine, abbiamo aperto un agriturismo per reinserire i barboni nella società e nel lavoro.



D. Continuate a vivere grazie a finanziamenti privati?
R. No, in cinque mesi eravamo in pari e in sei già in attivo. Ci autofinanziamo e abbiamo già reinserito 13 persone, che lavorano con noi.
Abbiamo più di 2500 clochard in lista d’attesa, che vogliono venire qui per imparare un mestiere. Tra un anno saranno una risorsa e con l’accantonamento di quanto guadagnato, 650 euro al mese più vitto e alloggio, potranno riprogettare la propria vita.
D. Quali sono i progetti futuri?
R. Stiamo per aprire altre strutture simili. Una in provincia di Cesena e l’altra sopra Pontremoli, dove ci hanno lasciato in eredità due colli e un intero borgo diroccato. Per ora abbiamo sistemato solo una casa ma il nostro obiettivo è farlo rivivere tutto per aiutare intere famiglie, invece di farle smembrare dai servizi sociali.
D. Che rapporto ha con i clochard ora?



R. Sono un punto di riferimento per loro ed è fantastico. Tra i senza tetto ho trovato una famiglia. Chi vive in strada e non ha perso il cervello è una forza della natura. Io sono uno di loro e lo sarò per sempre.
D. Com’è stato ricominciare a vivere sotto un tetto e ad avere un lavoro?
R. Bello, meraviglioso. Se si guarda avanti, nonostante sia dura, si può sopravvivere. E io ho sempre saputo che ne sarei uscito.


 (tratto da: 
http://www.lettera43.it/fatti/molteni-riscatto-da-clochard_4367580078.htm;
http://clochardallariscossa.wordpress.com/progetti-2/)